Pittori bresciani protagonisti della pittura del '900 Pittura moderna e contemporanea.
GLI ARTISTI DI ARTE BRESCIANA  
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Francesco Fedeli

"Senza titolo"    1942   Tempera su carta, cm 36 x 26

Firma, data e luogo (Russia) di esecuzione dell'opera in alto a sinistra








ESPOSIZIONI

  • Brescia, Galleria Paganora.
    1 - 13 giugno 1944. Mostra personale (Impressioni di Russia).

  • Brescia, Galleria d'arte Gio Batta.
    30 gennaio - 11 marzo 1999. Mostra postuma personale.




    PUBBLICAZIONI

  • Francesco Fedeli (1911 - 1998). Impressioni di Russia e polimaterici: segni e forme come presenze umane
    Catalogo della postuma personale tenutasi a Brescia - presso la Galleria d'arte Gio Batta - dal 30 gennaio all'11 marzo 1999.
    La tempera è pubblicata a colori.




    OSSERVAZIONI

  • La tempera oggetto della presente scheda fu esposta - nel 1944, a Brescia, nella Galleria Paganora - nella personale intitolata "Impressioni di Russia"; tale mostra fu recensita - in data 10 giugno - dal quotidiano Il Popolo di Brescia, che (in un articolo firmato da Pietro Feroldi) scrisse:

    "Se il pittore con senso di modestia ha voluto chiamare questa sua rassegna «Mostra di impressioni di Russia», il visitatore dovrà subito convincersi che il valore delle opere esposte supera di gran lunga il limite solitamente assegnato alla impressione, parola d'accatto che serve troppe volte a coprire pietosamente un mondo di incapacità. Quante opere possiamo qui vedere nella trama dell'acuto segno dell'inchiostro, o illeggiadrite dall'acqua tinta, o svelate nella profondità dell'olio e della tempera, hanno risonanza di vita interiore di un mondo nel quadro infinitamente tragico di un cataclisma storico.
    Il narratore non ha incominciato nè finito questo racconto di un soggetto d'epopea turbinante o solennemente immoto, ma noi ne avvertiamo ugualmente la grandezza senza distinguere ciò che l'ha preceduto o seguito. Ecco nello sfondo la steppa coi suoi prodotti di cose e di uomini carica di leggenda. Eccone i protagonisti: il corso dei fiumi, l'eterno silenzio di una vegetazione senza frutto, sopra ogni cosa l'incombere di quell'immensa solitudine che è al fondo del mondo slavo.
    Di questo mondo il Fedeli è interprete di rara efficacia. Quelle immagini che noi abbiamo creduto di ricreare ai nostri occhi nei temi letterari, qui sentiamo per opera sua di toccare con mano. Servito da una capacità disegnativa rapida e penetrante, sicuro nella sintesi prospettica, pronto a sondare la profondità dei toni, emotivo come può esserlo un temperamento vibrante e indagatore, egli ci dà rapide visioni di guerra, di costumi, di tipi e del paese che ne è l'anfiteatro con la estrema capacità dell'interprete e del traduttore. Il pubblico che ha creduto in altra non lontana occasione di trovare motivo di interesse per certe visioni russe di sola superficie portando oro e incensi all'improvviso idoletto, apra gli occhi sopra questo spettacolo di genuina bellezza: «Donne sul Don», «Paesaggio di Millerowo», «Tramonto russo», «Steppa ucraina», «Paesaggio a Tarassowka», «Ragazzo russo», per fermarci a qualche citazione, rappresentano altrettante opere d'arte che qualunque galleria potrebbe dirsi orgogliosa di possedere."

  • La tempera oggetto della presente scheda fu esposta anche nella postuma che la Galleria d'arte Gio Batta - nel 1999, a Brescia - dedicò a Francesco Fedeli; tale mostra fu recensita - in data 30 gennaio - dal quotidiano Il Giorno, che (in un articolo firmato da Magda Biglia) scrisse:

    "Seguì la guerra con l'animo dell'artista, con l'occhio alla sofferenza dei commilitoni ma anche dei nemici, con l'interesse per i visi dalla slava ieraticità e dal dolore antico. Francesco Fedeli, classe 1911, fu inviato nel '42 sul fronte russo dal ministero della Cultura popolare e della propaganda. Corrispondente di guerra al seguito del trentasettesimo reggimento fanteria Ravenna, doveva sostenere con la sua abilità nel disegno i fotografi.
    Fedeli rischiò di essere fucilato per avere dato del pane ad una donna russa, una di quelle donne che nei suoi disegni compaiono in primo piano col fazzolettone in testa o a pieno campo occupate nella quotidianità che continua. Le sue opere sono disegni tracciati, con i resti bruciacchiati di pezzetti di carbone raccattati dal fuoco, su carta faticosamente trovata e lavorata con la sapienza del polimaterico. Raramente sono tempere o acquerelli. Guardano allo scontro delle armi con orrore: gli sterminati orizzonti russi spezzati da scheletri di case, i corpi dei caduti scomposti sui reticolati, i carri armati che sovrastano uomini e cose. Queste «Impressioni di Russia», 350 rotoli riportati dopo il congedo nel '43, ebbero immediato successo e si persero nei rivoli del collezionismo. Uno degli attuali proprietari ne vende oggi 55, esposti da oggi alla Galleria d'arte Gio Batta (dal nome del pittore bresciano Giovan Battista Ferrari) sita dal discendente Roberto nell'edificio di via Grazie 22b."

  • La postuma (nella quale - assieme ad altre opere eseguite sul fronte russo ed assieme ad alcuni dipinti polimaterici - fu esposta la tempera oggetto della presente scheda) di Francesco Fedeli tenutasi a Brescia nel 1999 presso la Galleria d'arte Gio Batta fu recensita anche dal quotidiano Bresciaoggi, che - in data 8 febbraio, in un articolo firmato da Mauro Corradini - scrisse:

    "Italiani, brava gente. E' diventato quasi proverbiale il complimento che i russi fecero ai componenti dell'esercito italiano, nella terribile seconda guerra mondiale: «Italiani, brava gente!». Come sempre, nel proverbio c'è una verità, che mette conto richiamare: invasori, certamente, ma umani.
    Una riconferma indiretta viene dai disegni di guerra di Francesco Fedeli, pittore milanese nato nel 1911 e morto a Varese lo scorso anno (26 gennaio 1998); conosciuto a Brescia, dove ha tenuto diverse personali, per la sua produzione «da cavalletto», assai nota negli anni sessanta/settanta, apprezzata per quelle sue materie, così cariche di emozioni, ritorna a noi non solo con alcune opere del periodo più riconosciuto, ma con una serie di disegni, guazzi, chine, realizzati nei terribili anni 1942-43, quando prende parte alla guerra e diviene pittore di guerra sul fronte russo. I disegni proposti attualmente hanno un precedente «bresciano» nel 1944, quando furono esposti per la prima volta: si era in tempo di guerra e Brescia aveva appena sofferto per gravi bombardamenti; proprio perchè ogni lettura modifica il testo, certamente diverso sarà stato allora l'impatto di questi fragili foglietti.
    Accostandosi a queste pagine, si coglie il senso dell'espressione da noi richiamata: è ben vero, soldati in armi, automezzi militari, a volte strumenti di offesa, come carri armati o cannoni, entrano nel vocabolario di questo pittore. Più spesso, tuttavia e con voce assai più sensibile e poetica, viene al lettore il volto di un popolo sottomesso, sconfitto, ma pieno di dignità.
    Certi ritratti di bimbo, certi volti di donna, certe case o interni di povere case sono colti dal pittore con uno sguardo umanissimo, a volte quasi bonario; non c'è un nemico, non c'è l'arroganza del vincitore: la storia ha dimostrato che il vincitore non è mai quello che sembra. In Fedeli c'è l'umana partecipazione, la comprensione forse di un dramma segreto. E se le parole possono aver diviso popoli diversi e lingue diverse, di certo gli sguardi che vengono a noi da quei volti ci parlano di un comune dolore, di una differente, ma eguale nostalgia, per una patria in pace o lontana, due distanze che valgono alla fine il medesimo sentimento di simpatia. E la pittura, il disegno di guerra svelano al lettore un inesauribile bisogno di pace.
    La restante produzione da cavalletto, opere che servono forse al gallerista per ricordare la produzione più nota del pittore milanese, testimoniano un diverso itinerario, più pittorico e mentale, che l'artista compie con discreto successo nel secondo dopoguerra."

  • La postuma (nella quale - assieme ad altre opere eseguite sul fronte russo ed assieme ad alcuni dipinti polimaterici - fu esposta la tempera oggetto della presente scheda) di Francesco Fedeli tenutasi a Brescia nel 1999 presso la Galleria d'arte Gio Batta fu recensita anche dal quotidiano Giornale di Brescia, che - in data 9 marzo, in un articolo firmato da Fausto Lorenzi - scrisse:

    "Furono presentati per la prima volta a Brescia, alla galleria Paganora, ancora sotto l'ala cupa della guerra, i disegni di Francesco Fedeli (1911-1998) dedicati alla campagna di Russia. Un terzo dei disegni dal fronte russo del 1942-'43 sono stati acquisiti in una collezione bresciana e ora sono stati proposti, a un anno dalla morte dell'autore, alla Galleria Gio Batta insieme a polimaterici di anni più recenti.
    I disegni furono commissionati a Fedeli, come corrispondente di guerra, dal Minculpop fascista, ma l'artista non fece propaganda, e infatti molti restarono nelle sue mani: più che imprese d'eroi e azioni di battaglia, pensò infatti di testimoniare quel che sopravvive dell'umano, nella violenza bruta della guerra. Raccontò i nostri soldati al fronte, carri e automezzi, ma soprattutto figure colte ai margini della battaglia, nella realtà quotidiana dell'occupazione della terra russa.
    Ci inteneriscono le donne - contadine col fazzoletto in capo - e i bambini: giungono a noi come memoria di un'offesa collettiva alla gente del popolo, di quella terra di cui evidentemente Fedeli sentiva tutti figli, i contadini italiani in armi come le donne e i fanciulli rimasti nei villaggi dell'immensa campagna russa. L'impegno qui, più che stilistico, è saldamente morale: anche carico di struggente lirismo, in certe figure di gravità perplessa e dolente. In altri fogli (matita, tempera, acquerello: usava carte trovate, anche di archivi russi) si scoprono spazi dilatati e desolati, corpi affioranti nel disgelo, anche in guazzi più lividi, a suscitare i bagliori più cupi della guerra.
    Il disegno, in un artista che veniva dal clima silenzioso e incantato del novecentismo arcaicizzante dominante nell'Italia degli anni Trenta, segna la conquista progressiva di un trattamento più abbozzato e fresco, nella corsività dei gesti, talora anche di taglio cinematografico; ma soprattutto di un filo lineare più scarno che tiene insieme uomini e paesaggio come se tenesse accesa la luce dell'esistenza. In galleria sono offerti pochi saggi anche dell'attività pittorica di Fedeli, che dal realismo passò a sperimentazioni polimateriche di resa murale: fu molto attento alla capacità di racconto del suo impasto pittorico, alla forza dei suoi segni misurati e preziosi di ricordare agli uomini l'amore, la luce, le tracce della civiltà, tanto che evocò menhir e incisioni rupestri (anche della Valcamonica) in presenze segniche totemiìche, araldiche. Negli ultimi anni, cieco, le sue materie furono graffite e digitate con la passione di chi credeva fino in fondo nella capacità di patimento ed emozione della materia."

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