Pittori bresciani protagonisti della pittura del '900 Pittura moderna e contemporanea.
LE MOSTRE A BRESCIA  
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Le linee della vita
Pietro Dorazio

dal 5/11/05 fino al 30/11/05
presso Galleria L'Incontro


Le linee che Dorazio traccia nei suoi quadri fanno pensare alle linee della vita. Lui stesso, del resto, quando parlava dei “Reticoli” (cioè di quei suoi dipinti formati da intrecci di linee verticali, orizzontali e diagonali) diceva: “Sono le tre direzioni della nostra vita”.
Così, guardando Interno intorno, Il celeste, Darkside, Gli ultimi, Tarocchi, Anapoda, Easy Ride, per citare solo qualcuna delle opere che compongono questa mostra bresciana, sembra di vedere dei percorsi misteriosi ed esistenziali. Quasi il filo di una trama intessuta dalle mani delle Moire.
E’ facile notare la luminosità, e se vogliamo la felicità, ridente e smaltata, di queste linee, che ricordano a volte una miriade di arcobaleni.
Eppure quelle linee che vagano per i dipinti non hanno un punto di partenza né di arrivo, non appartengono a un disegno compiuto, non costruiscono oggetti o forme.
Esistono, ma sembrano ignorare perché esistano. C’è nel loro moto una libertà sconfinata, ma anche una domanda senza risposta.
In questo senso Dorazio partecipa del moderno: di quel mondo che, dall’inizio del secolo scorso a oggi (non importa sotto quali tendenze o movimenti; non importa se nella poesia o nella filosofia, nella pittura o nel teatro) ha sentito la vita dell’uomo come un effetto senza causa. O come un effetto la cui causa era sconosciuta, inspiegabile.
Le linee di Dorazio, in fondo, parlano di gioia di vivere. Basta vedere come splendono i suoi rossi, i suoi gialli, i suoi azzurri: colori portati a una nitidezza cristallina, senza ombre, senza modulazioni, senza tonalismi che possano offuscarne la luce.
Ma questa gioia di vivere, o gioia di essere, non conosce storia né futuro. E in questo sta la sua serena disperazione.
E’ nota la vicenda espressiva di Dorazio. Dopo esordi incentrati soprattutto sul paesaggio e la natura morta, realizza nel dopoguerra opere di ascendenza vagamente cubista: esiti ancora acerbi, che però dimostrano già una volontà di distacco dall’espressionismo della Scuola Romana.
Nel 1947 è tra i fondatori del gruppo “Forma I”, con Carla Accardi, Attardi, Consagra, Guerrini, Perilli, Sanfilippo e Turcato. Il gruppo, che si schiera per l’astrattismo, si oppone con energia all’equivoco di un’arte di impegno politico: all’idea, allora diffusa, che la sensibilità sociale debba essere il fondamento della ricerca espressiva.
E’ di questi anni anche il primo viaggio a Parigi. Nella capitale francese Dorazio incontra Severini e Magnelli, approfondendo così la conoscenza del futurismo e del primo astrattismo. In anni in cui il movimento di Marinetti non godeva di alcuna fortuna critica, spetta anzi a Dorazio la riscoperta di Balla, che viveva a Roma ormai dimenticato. E di Balla Dorazio si può considerare per certi aspetti l’ erede: si ritrovano in lui, pur nella diversità della fisionomia stilistica, lo stesso amore analitico per la linea, per la paziente e nervosa tessitura della composizione, per il dinamismo affidato alla tensione dei segni e allo scintillio della luce.
All’inizio degli anni Cinquanta Dorazio apre, con Perilli e Guerrini, “L’Age d’Or”: una galleria-libreria in via del Babbuino, che diventa un punto d’incontro per gli artisti e un luogo espositivo per esperienze di avanguardia.
Nel 1952, però, parte per gli Stati Uniti, dove vive per qualche tempo e conosce tutti i maggiori maestri della Scuola di New York.
Da questa esperienza internazionale, comunque, gli deriva paradossalmente un’intensificazione della sua vocazione italiana. Non diventa una copia di Rothko o Barnett Newmann, ma, pur dialogando con loro, rimane fedele a se stesso. E questa fedeltà significa Piero della Francesca, l’arte greca e romana, l’architettura classica.
Perché, come diceva Baudelaire “la modernità è solo una metà dell’arte. L’altra è la sua eternità”.
Così, oggi, ci piace pensare, nei suoi esiti più alti, l’opera di Dorazio : come quella di un classico. Un classico della modernità.

Elena Pontiggia

Testo tratto dal sito www.galleria-incontro.it

Inaugurazione sabato 5 novembre 2005 alle ore 16.30








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